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proprio alla fine del mese in cui fu annunciata la deflazione, a presentare delle situazioni con incremento della circolazione.. Infatti, la circolazione della Banca d'Italia per conto del commercio, che nella prima decade di settembre era di 8.951 milioni di lire, sale dopo l'annuncio del blocco a 10.707 nella seconda decade, a 11.162 milioni alla fine di settembre, a 11.311 milioni al 10 di ottobre. Sotto l'influsso della contrazione psicologica della circolazione, le Borse tracollano. Il movimento di ribasso scoppia violento e diventa sempre più preoccupante. Esso sembra dover coinvogere tutto e tutti. A diffondere il senso del panico contribuiscono le notizie che serpeggiano circa pretesi rifiuti da parte della Banca d'Italia ad accordare anticipi sopra i Buoni del Tesoro.

Anche a tale riguardo, gli inconvenienti sono essenzialmente di applicazione, esecutivi. Come al Capo del Governo gli eccessi di zelo dei giornali amici, così al Direttore Generale della Banca d'Italia la rigidità e l'ossequio esagerati di taluni funzionari dipendenti causano delle ripercussioni non desiderate, anzi deprecate. Molti direttori delle filiali, sotto la suggestione del discorso pronunciato dal Presidente del Consiglio e delle istruzioni severe del Direttore Generale, credettero conveniente di dimostrare una durezza eccessiva di rifiuti di fronte ai bisogni e alle richieste del pubblico, negando persino talvolta gli anticipi sui Buoni del Tesoro entro la misura dei limiti già accordati e di polizze in pieno vigore. La voce di tali dinieghi, rapidamente diffusasi, valse ad accrescere il malessere. Da un lato i bisogni effettivi di denaro degli istituti di credito per effetto dei prelevamenti e delle insistenti domande della clientela, dall'altro l'allarme suaccennato, concorsero a far affluire sul mercato e alle casse del Tesoro, alla scadenza, una massa crescente di Buoni ordinari desiderosi di convertirsi in contante. Si aggiungevano altresì i realizzi di Buoni operati dalla campagna, dove gli agricoltori con costruzioni in corso, sia per una ormai radicata abitudine, sia per l'impossibilità di altre forme di finanziamento, provvedevano ai pagamenti con la vendita dei Buoni del Tesoro. Non deve quindi destare meraviglia che una pressione sempre più sensibile si esercitasse sulle Casse dello Stato, pressione che, insieme ad altri coefficienti, convinse della opportunità di procedere ad una conversione forzosa dei Buoni del Tesoro. Riassumendo:

1) L'annuncio amplificato del blocco della circolazione agì psicologicamente, più fortemente di qualsiasi deflazione effettiva. Si determinarono strettezze monetarie dovute al rallentamento della velocità della circolazione, per attenuare, almeno

in parte, le quali, si dovette, transitoriamente, consentire un allargamento quantitativo della circolazione stessa;

2) La suddetta tensione monetaria, insieme con qualche difficoltà opposta alla concessione di anticipi contro Buoni del Tesoro, portò alla necessità del consolidamento di tutta la massa del debito fluttuante.

Merita particolare indagine numerica il fenomeno della violenta deflazione psicologica sovrappostasi all'annuncio del graduale assorbimento della circolazione esuberante. Nei cinque mesi della grande tensione monetaria, il livello della circolazione non subisce variazioni molto sensibili. Anzi in settembre presenta una punta di aumento. Invece i prezzi delle merci all'ingrosso e i corsi dei valori aspramente tracollano. Mentre il ritmo di decrescenza della circolazione è blando si riducono del 13 %, le quotazioni di Borsa perdono fino il 30% (ricuperando solo in gennaio parte del perduto), i corsi dei cambi migliorano del 26-24 %. Conglobando in un unico indice i tre indici dei prezzi all'ingrosso, delle quotazioni di Borsa e del cambio si ottiene il seguente sviluppo del riacquistato valore, della rivalutazione della moneta dopo Pesaro:

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Il divario esistente fra l'andamento dei numeri-indici della circolazione e quello dell'indice della rivalutazione della lira misura la portata psicologica della manifestazione degli intendimenti del Governo: in esso si esprime altresì la misura del rallentamento della velocità della circolazione. Certamente la portata psicologica del blocco della circolazione come fattore di rarefazione monetaria sarebbe stata diversa, qualora la situazione effettiva dell'economia generale e delle sue tendenze, dei mercati e delle Borse non fosse stata prima orientata verso il deprezzamento e non vi fosse stata una certa esuberanza di accumulata divisa. Rotto l'incanto della svalutazione, la « fuga

dalla lira » si converte nella ricerca affannosa di lire, nella loro tesaurizzazione. La strettezza che ne deriva obbliga i detentori di divisa a cederne una parte per rimborsare i propri debiti. Altri sono indotti a disfarsi delle valute estere immagazzinate, per timore di un loro svilimento ulteriore di fronte all'apprezzarsi della lira. Donde il collasso dei cambi esteri. La dinamica dei processi economico-monetari durante questo periodo, oscura a molti, non potrebbe essere più chiara ed evidente.

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È stato accennato alle pressioni determinatesi in relazione alle strettezze del mercato monetario e ad altri fattori, quali il rimborso e l'annullamento di Buoni del Tesoro, la difesa delle quotazioni del Consolidato sulle condizioni delle Casse dello Stato. Un commento ufficioso, pubblicato il 7 novembre 1926, dal Ministero delle Finanze, messa in rilievo la riduzione del debito pubblico italiano dal 30 giugno al 31 ottobre 1926 per oltre 6 miliardi di lire (ivi compresa la cifra di due miliardi e mezzo in dipendenza del passaggio alla Banca d'Italia dei 90 milioni di dollari del Prestito Morgan), chiariva come durante tale quadrimestre il debito fluttuante fosse passato da 30.340 milioni al 30 giugno a 27.560 milioni al 31 ottobre, con una diminuzione di 2.780 milioni; e annunciava il consolidamento dei Buoni del Tesoro, che poi il Ministro Volpi illustrò nel suo discorso del 5 dicembre 1926.

Lo stesso decreto, con cui veniva disposto il consolidamento dei Buoni del Tesoro, prevedeva altresì, com'è noto, che i titoli del nuovo Consolidato, denominato «< Littorio », sarebbero anche offerti in pubblica sottoscrizione, al prezzo di emissione fissato nella ragione di lire italiane 87.50 per ogni cento lire di debito consolidato.

Il lancio, contemporaneamente al consolidamento obbligatorio dei Buoni del Tesoro, di un Prestito facoltativo, fu un atto di audacia e di fede nel patriottismo degli Italiani, perchè il nuovo titolo, il Consolidato del Littorio, veniva emesso non solo in un periodo di deflazione e di grandi ristrettezze monetarie, ma altresì mentre il vecchio consolidato era quotato alle Borse sensibilmente al disotto del nuovo titolo. L'emissione del Littorio fu un vero successo. Il comunicato che ne fissa le cifre è la sua migliore consacrazione. Furono sottoscritte nominali lire 3.074.972.000 con un incasso effettivo di lire 2.387.038.250, alle quali andranno ad aggiungersi le residue somme delle sottoscrizioni con versamenti rateali e le sottoscrizioni degli Italiani all'estero. Tre milioni furono gli Italiani che sottoscrissero al Littorio. Col consolidamento obbligatorio dei Buoni del Tesoro fu eliminata la instabilità del debito fluttuante. Col successo del

7 Politica.

Littorio fu dato all'Erario di ricostituire le disponibilità che l'assottigliamento dei Buoni del Tesoro gli avevano sottratte.

È troppo presto per poter passare in rassegna tutte le ripercussioni e le interferenze della rivalutazione della lira sulla vita economica e finanziaria italiana, e ancor più azzardato voler esprimere su di esse, oggi, un oggettivo giudizio. Neppure è dato prevedere quale sarà l'ulteriore ritmo dei processi monetari e il loro definitivo assetto. A ogni modo, i malesseri di una rivalutazione non esagerata sono di gran lunga preferibili ai rivolgimenti sconvolgitori dell'elefantiasi inflazionista. Essa demoralizza e abbatte tutta la compagine sociale.

La lotta contro la svalutazione, con le sue forme rivalutatrici, ha da un lato confortato e protetto il risparmio fonte primordiale della accumulazione della ricchezza, dall'altro ha reso necessaria una crescente intensità di sforzi e di sacrifici da parte di altre categorie sociali. I produttori e gli esportatori hanno da affrontare problemi non lievi di adeguazione dei costi alle mutate condizioni; commercianti e speculatori sono stati dura.mente colpiti dal declinare dei prezzi e delle quotazioni; la disoccupazione si è alquanto inasprita; accresciuto il numero dei fallimenti; la Finanza dello Stato ha anch'essa un meno facile afflusso di denaro fresco e deve esercitare tutti i suoi freni sui bilanci delle spese. Ma se i processi monetari, passata la prima fase degli spostamenti bruschi, si consolideranno in aspetti di intrinseca solidità, il progresso economico del Paese potrà riprendere, con tutta la sua energia, la marcia ascensionale.

Roma, aprile 1927.

MARIO ALBERTI.

LA

POLITICA BRITANNICA

DI QUA E DI LA DAL GIORDANO

Riprendiamo qui la pubblicazione, iniziata nel fascicolo LXXV, delle lettere di Franco Lamberti sugli avvenimenti e la situazione politica in Palestina. Dal giorno in cui queste lettere ci sono pervenute a oggi vi è stato un fatto nuovo: fatto, in verità, non storico e nemmeno veramente politico, ma giornalistico, che tuttavia ha sollevato molto rumore e lasciato qualche eco: gli articoli di Lord Rothermere, nel suo Daily Mail, sulla opportunità da parte inglese di cedere all'Italia i « mandati » sulla Palestina e sulla Mesopotamia. Vi è stato in Italia chi a tali proposte ha attribuito molta importanza, ed ha spinto la ingenuità sino a mettersi a fare molto sul serio programmi e calcoli sulla futura amministrazione italiana. Alla importanza di queste proposte io confesso di non aver mai troppo creduto. E per varie ragioni.

In primo luogo se si vuol tener conto anche delle ragioni formali per una ragione formale. Se esiste ancora, infatti, il « mandato» inglese sulla Palestina, non esiste più il « mandato» inglese sulla Mesopotamia, sostituito da un pezzo da un trattato così detto di alleanza (in realtà di clientela) tra l'Inghilterra e l'Irak, e da accordi (come conquistati, i lettori vedranno più innanzi) tra l'Inghilterra e la Transgiordania.

In secondo luogo, per la motivazione stessa data da Lord Rothermere alla sua proposta: il troppo grave carico finanziario imposto al bilancio inglese dall'esercizio dei « mandati ». Ora, se questo motivo fosse sincero e reale, non è chi non vede come sia assurdo pensare che il bilancio italiano possa sopportare un carico che è troppo pesante per il bilancio inglese.

In terzo luogo, appunto perchè quel motivo non era invece nè buono nè, forse, sincero, ma era, come la proposta stessa, un argomento polemico, un espediente di opposizione parlamentare interna. Lord Rothermere, fratello e erede del notissimo Lord Northcliffe, è un liberale, e come tale, un oppositore al Governo di Baldwin, e sopratutto al Ministro delle Colonie Amery, che nel Gabinetto è fra i rappresentanti più intransigenti della tendenza imperiale di destra. Con ogni probabilità, avanzando con quelle motivazioni la sua proposta, assai più che

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