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solo centro monetario mondiale non si arriverà che ad una elefantiasi dell'organismo produttivo della sua economia e ad una soggezione sempre crescente degli altri mercati. Il principio adottato dopo la guerra dalla più gran parte dei paesi europei, e già prima della guerra da molti paesi sud-americani, di sostituire le riserve auree effettive con disponibilità in conto corrente nei grandi mercati internazionali, non serve quindi a ristabilire l'equilibrio economico mondiale. L'applicazione di tale principio ha poi conseguenze ancor più gravi allorchè le riserve di divise sono accumulate non per automatico afflusso di capitali, ma contraendo prestiti. La piazza di New York ha assorbito prestiti esteri nuovi, al netto cioè dalle consolidazioni, per 267 milioni di dollari nel 1923, per 996 milioni di dollari nel 1924, per 1.086 milioni di dollari nel 1925, per 1.145 milioni di dollari nel 1926. Ma la divisa americana essendo la preferita da tutti gli Istituti di emissione, da tutte le banche e da tutti i capitalisti,per la conservazione delle loro riserve al riparo da oscillazione dei cambi, grazie anche ad una bilancia commerciale largamente attiva, gli Stati Uniti continuavano ad accumulare nuovo oro, le importazioni di speci auree avendo superato le esportazioni ancora nel 1926 di 97 milioni di dollari. Finora il solo Canadà aveva di frequente esportato oro dagli Stati Uniti e per cifre relativamente esigue. Ora fino a che il mercato di New York continua ad essere il preferito per la conservazione di disponibilità e riserve, la gold inflation non si attenua; l'enorme perfezionamento dell'outillage industriale, dato dalle larghissime disponibilità di denaro e da un mercato che sempre si allarga per le stesse facilitazioni che concede agli altri minori, permette la fabbricazione in serie, a numeri sempre crescenti e che paiono favolosi al povero produttore europeo, consente riduzioni di prezzi e contribuisce a consolidare sempre più l'egemonia dell'industria americana. Ma d'altra parte questa fun, one d: serbatoio delle disponibilità del mondo intero nasconde un pericolo che diviene sempre crescente quello del rimpatrio improvviso in massa dei capitali stranieri, e questo pericolo spiega la politica ultra

conservatrice delle Federal Reserve Banks a cui si è fatto allusione più sopra.

III.

Un'ipotesi grossolana può valere a meglio chiarire la situazione. Ammettiamo che oggi tutti i paesi d'Europa che non lo hanno ancora fatto, vogliono sistemare le loro valute e ricorrano a prestiti agli Stati Uniti, per un totale di 1.000.000.000 di dollari. Se questi paesi ritirassero i loro dollari in oro effettivo, e se li portassero a casa loro per convertire le loro monete o assicurare ad esse un diritto di convertibilità, il mercato americano, vedrebbe ridurre le proprie disponibilità auree da 4,6 a 3,6 miliardi di dollari, e dovrebbe restringere in proporzione i propri sviluppi creditizi. Praticamente anzi, molto prima che il miliardo di dollari avesse lasciato i forzieri delle Federal Reserve Banks, le emissioni dei prestiti esteri sarebbero divenute impossibili. Con uno stock d'oro conosciuto di 4 miliardi e seicento milioni di dollari la deposit currency esistente agli Stati Uniti si può grossolanamente valutare a 50 miliardi di dollari, prendendo la cifra dei depositi nelle banche al netto dei depositi da banca a banca. Solo i depositi nelle banche che fanno parte del sistema federale, ascendevano al 31 dicembre 1926 a 30 miliardi e mezzo di dollari. A quanto si ridurrebbe tale deposit currency se la riserva delle banche federali diminuisse di un miliardo di dollari?

Il denaro è funzione troppo complessa e di troppi elementi per poter ammettere una proporzionalità costante fra riserva aurea e deposit currency, ma non crediamo fuori luogo ricordare che i depositi dei privati nelle Banche degli Stati Uniti erano di:

19.000 milioni di $ al 30 giugno 1915, con uno stock d'oro di 1.985 milioni 27.750 >>>

$ al 30 giugno 1918

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di 3.076

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Senza ammettere che un ritiro di un miliardo di dol

lari d'oro dagli Stati Uniti, possa ricondurci alla cifra

di depositi del 1922, si può affermare che la contrazione di questi ultimi, anche con una azione di espansione di crediti delle Federal Reserve Banks, ascenderebbe sempre a molti miliardi di dollari. Si può affermare cioè senza tema di errare che, non ostante le enormi riserve accumulate, gli Stati Uniti non sarebbero in grado di fornire un miliardo di dollari oro effettivo, senza vedere salire assai fortemente il tasso di denaro e senza assistere ad una seria contrazione del credito privato. Se invece i mutuatari europei lasciassero tutto il miliardo di dollari preso a prestito agli Stati Uniti, in conto corrente presso varie banche, il denaro disponibile sul mercato di New York lungi dal diminuire, potrebbe persino aumentare giacchè la presenza delle nuove obbligazioni che sarebbero oggetto di anticipazioni, riporti ecc. moltiplicherebbe i mezzi di credito. Gli Stati Uniti avrebbero denaro sempre più abbondante e a buon mercato e le loro industrie continuerebbero ad ingigantire la loro produzione in serie, battendo con sempre crescente successo la produzione europea che sarebbe gravata da nuovi balzelli per pagare 90 o più milioni di dollari annui di interessi ed ammortamenti.

La legge economica dell'aumento dei prezzi, e quindi della diminuzione delle esportazioni in proporzione dello aumento delle disponibilità del mercato, giuoca solo con enorme ritardo, di fronte ai miracoli della produzione in serie, giacchè per questa si applica parallelamente un'altra legge, altrettanto ferrea, quella dei costi decrescenti.

Il risultato sarebbe ancora peggiore qualora i mutuatari ricorressero al sistema di investire le loro pretese riserve in titoli circolanti sul mercato americano per trarne un maggior interesse. In questo caso essi non farebbero che vieppiù stimolare l'inflazione creditizia degli Stati Uniti e rendere sempre più illusoria la realizzabilità di dette riserve, perchè alle difficoltà che abbiamo visto sorgere al semplice rimpatrio di oro, si aggiungerebbero ben più gravi le difficoltà di realizzo dei titoli, al momento del bisogno.

L'interesse collettivo non può naturalmente escludere, nè significare critica ad attitudini diverse prese dai singoli per ragioni di opportunità o di necessità contin

genti. Anzi può essere conveniente per i mutuatari lasciare il loro oro temporaneamente presso i mutuanti fino a quando non abbiano finito di contrarre i prestiti di cui hanno bisogno, onde continuare a mantenere larghe le disponibilità di denaro del mercato mutuante ed ottenere prestiti a più miti condizioni. Ma, tanto pei mercati che danno i prestiti che per quelli che li ricevono, l'indugiare troppo in questo giuoco può essere pericoloso.

Il coro di proteste sollevato nella stampa inglese dal piccolo ritiro della Banca di Francia è salutare ammonimento. Esso ci richiama alla vera funzione delle coperture auree, funzione convenzionale di limitazione delle possibilità di sviluppo di credito e quindi degli sforzi di produzione dei singoli, ma che ha come base la sicurezza assoluta di avere la disponibilità di un mezzo di pagamento universalmente riconosciuto ad ogni momento.

L'episodio qui ricordato dimostra una volta di più che le coperture auree di una circolazione fiduciaria, per rappresentare una garanzia indiscutibile, debbono consistere in oro effettivo, e per averle sempre disponibili, ogni paese deve tenersele in casa propria. Ogni paese deve avere l'onere e l'onore di contribuire alla tacita convenzione universale della misura dei prezzi in oro, conservando in ispeci auree effettive e sul suo territorio le proprie riserve. Anche quando esso fosse deciso a vivere permanentemente in pace con tutti e checchè avvenga.

Giugno, 1927.

GIUSEPPE Zuccoli.

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NB. Al momento in cui rivediamo le bozze 3 luglio - il signor B. Shong (Federal Reserve Bank), il signor Montagu Norman (Bank of England), il signor Rist (Banque de France) e il signor Schacht (Reichsbank) sono riuniti in conferenza a New York. L'Italia è assente.

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Durante i preliminari della pace di Carlowitz, i Francescani custodi di Terra Santa indirizzavano all'Imperatore un lungo memoriale, nel quale rivendicavano i loro diritti sui Santi Luoghi ed esponevano diffusamente in vari punti le richieste per le quali chiedevano l'intercessione dell'Imperatore in occasione del trattato di pace che egli stava per concludere con la Turchia. Fra questi puncta et privilegia la cui concessione avrebbe dovuto essere, per maggior garanzia, cum Scripturae Diplomate et subscriptione Turcici Imperatoris..... authenticata et signata, si trova il seguente:

XIX. Experientia comprobavit, quod Consules nationum Europae latini, constituti Jerosolymis, quasi pro beneficio et protectione ac securitate Reli. giosorum Francorum cedant potius in gravamen et periculum Fratrum inibi existentium, tum ob expensas, quas custodia terrae sanctae occasione talis permanentiae facere debet ex eleemosynis tanto labore, tantaque sollicitudine conquisitis: Tum quia, cum non sit, Jerosolymis commercium, ratione cujus Mercatoribus necessaria sit assistentia consulis, et Fratrum protectionem ipsi Turcae sibi vindicent, praesentia talium Consulum apta est potissimum ad aperiendas zelotypias et suspiciones inter Turcas aliunde ad id proclives, et proinde odium potius et periculum nata est causare, quam securitatem. Hinc rogat humiliter Custodia Terrae Sanctae, ut inter moenia urbis Jerosolymae nullus Consul Europaeus Latinus admittatur, sub pretextu et titulo protegendi Religiosos inibi existentes latinos, si autem ut peregrini venerint, vel alio titulo quam consulatus et protectionis, solita, et ea, qua par est, hospitalitate, et omni possibili charitate excipientur. (1)

Mi è parso interessante ricordare, a premessa del presente studio, questo antico e pressochè obliato documento (che del resto ben poca efficacia dovette avere, almeno per il punto rammentato, se proprio nel Trattato di Carlowitz si ebbe cura di assicurare un diritto di protettorato religioso sui Cattolici anche al Sacro Romano Impero), perchè esso può servire a caratterizzare, quale fin dal secolo XVII si manifestava, uno degli

(1) Tutto il memoriale è riportato in HAMMER, Hist. de l'Emp. ott., trad. Hellert, T. XII, Paris, 1838 (Notes et éclairc. LX, VIII), pag. 542 e seg.

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